Polpette straordinarie: Hong Kong
l'idea di fare qui una guida di viaggio completa a Hong Kong è velleitaria, ma è un inizio
Il look, il feel, le prime impressioni
Il primo errore è pensare che Hong Kong non sia Cina. Lo è sotto molti punti di vista: culturali, gastronomici, linguistici. A partire dal fatto che si parla cinese nella versione della Cina sudoccidentale, il cantonese, che è la lingua più diffusa nella cosiddetta Greater Bay Area, 86 milioni di persone in un sesto della superficie dell’Italia.
È il territorio che comprende megalopoli come Guangzhou (l’antica Canton) con 15 milioni di abitanti, la tentacolare Shenzen, miracolo economico, tecnologico e edile di 13 milioni di abitanti, e l’altra regione amministrativa speciale insieme a Hong Kong, l’assurda Macao, che ha solo 650.000 abitanti ma la più alta densità abitativa al mondo, e dove le insegne sono anche in portoghese, retaggio di una lunga dominazione. Il discorso su Taiwan è ancora diverso, e per ora lo teniamo da parte, ma è raggiungibile con un volo da Hong Kong.
La densità di persone è la prima cosa che ti colpisce: Hong Kong è una delle capitali globali in cui ti appare più immediatamente evidente quanto sia sovrappopolato questo pianeta.
Per far stare tutta questa gente in un territorio così piccolo e montuoso è stato necessario costruire gli iconici grattacieli, migliaia e migliaia di grattacieli che rappresentano il tratto più distintivo di Hong Kong, a volte costruiti in mezzo a boschi sul versante di colline o montagne, perché lo spazio quello è. Innumerevoli palazzi di molte decine di piani dall’aspetto di alveari umani, composti da microappartamenti di 30-40 metri quadri in cui le maestranze più povere (malesi, bengalesi, indonesiane) si accampano in 10 o anche 20, a volte dormendo in amache sovrapposte.
Il secondo errore è pensare che Honk Kong sia Cina, mentre una storia estremamente complessa e stratificata ha dato origine a una società altrettanto stratificata a causa delle numerose dominazioni e colonizzazioni. Soprattutto quella britannica ha generato un numero affatto indifferente di expat anglofoni, che tuttora lavorano nelle sedi delle grandi multinazionali (tutte presenti a HK) e in uffici amministrativi, statali, diplomatici, commerciali. Inoltre, e non secondariamente, Hong Kong è democratica e tuttora indipendente dal governo cinese, almeno parzialmente.
La prima e immediatamente intuibile vocazione di Hong Kong è quella di Porta d’Oriente, o meglio Porto. Il porto domina la città sia nella versione storica e ormai in disuso del Victoria Harbour, ora più che altro destinazione turistica, che in quella dell’attuale centro logistico di Tsing Yi, dove passano molte migliaia di container ogni giorno (tra cui, si dice, quelli che trasportano illegalmente le armi nordcoreane - e forse pure cinesi - verso la Russia).
Quindi: masse infinite, grattacieli altissimi a perdita d’occhio, barche e navi dappertutto, e qua e là famiglie di bianchi britannici che vivono in modo visibilmente diverso dai locali: in case più grandi e frequentando locali dall’aspetto del tutto occidentale. Li vedi fare colazione in café dall’aspetto del tutto londinese mentre leggono il Times, e potresti essere a Chelsea.
A Hong Kong tutti parlano inglese, per quanto spesso con uno spiccato accento cinese che non facilita la comprensione, e segnali e indicazioni sono sempre bilingui. I menu dei ristoranti not so much.
Un consiglio: scordati da subito di capire le complessità politiche e sociali, gli eccessi e le contraddizioni di una città con una storia così complessa e contesa.
Dove stare
Come molte metropoli divise da corsi d’acqua, Hong Kong è due città: Kowloon a nord sulla terraferma e proprio di fronte, separata da una striscia di mare di meno di 1 Km, Central, sul versante nord di Hong Kong Island, la principale isola dell’arcipelago che comprende anche altre città come Aberdeen, sede di un altro affascinante porto che merita sicuramente la visita, e Stanley. Ogni isola e ogni cittadina ha le sue peculiarità, e tutte meriterebbero una visita.
La prima decisione da prendere è se soggiornare a Kowloon o a Central, e per quanto mi riguarda ha senso farlo su entrambe, cambiando hotel a metà soggiorno. Come Buda e Pest, ogni parte della città ha senso in relazione all’altra, e ne è completata. Kowloon è all’apparenza più turistica, caotica e “asiatica”, soprattutto nella parte più centro-settentrionale di Mong Kok, mentre Central (con gli altri quartieri adiacenti di Kennedy Town, Sai Ying Pun, Sheung Wan, Admiralty, Causeway Bay) è all’apparenza più occidentale, sul modello newyorkese o londinese.
La quinta caratteristica che noti (dopo: masse infinite, grattacieli altissimi, barche dappertutto, e famiglie di bianchi britannici) sono i centri commerciali, di cui Central è letteralmente strazeppa, tanto da farti pensare che i cinesi vivano comprando cose. O che i turisti vadano a Hong Kong per comprare cose - che è forse pure vero, per quanto i prezzi attuali siano del tutto in linea con quelli italiani.
Di sicuro attraccano molte crociere di turisti che scendono dalla nave, entrano da Dior, Prada o Bottega Veneta (in negozi monomarca che diciamolo, non sempre hanno l’aria di essere diretta emanazione della casa madre, e con prodotti in vetrina che a volte sembrano piuttosto bizzarri per il brand) per poi risalire sulla nave. Tanto che la zona del porto turistico è praticamente un unico centro commerciale.
La sesta caratteristica che noti girando per Hong Kong è l’estrema facilità a raggiungere qualunque punto della metropoli con i mezzi pubblici, che includono una metro con 10 linee (Mass Transit Railway o MTR) e treni di superficie con frequenza ogni 5-10’ e che raggiungono alcuni dei new territories e persino il confine con Shenzen, ma anche una rete estesissima di bus single e double decker, minibus e tram a due piani - i cosiddetti ding ding - tutti con corse molto frequenti, con la straniante esperienza di non dover aspettare mai più di 2 minuti per la metro.
Oltre ai numerosi e efficientissimi traghetti che collegano Kowloon a Central e alle isole. Tutti i mezzi usano un unico sistema pagamento (Octopus card) e spesso accettano anche la carta di credito.
Come in molte altre città asiatiche (Seoul, Tokyo, immagino anche Shanghai) il livello dei mezzi pubblici è un’esperienza umiliante per chi vive in Italia, tanto più negli USA.
La settima caratteristica che noti - ma sarà probabilmente la prima, appena uscito dall’aereo - è il pesante clima subtropicale, con temperature che in estate stanno tra i 28 e i 36° e livelli di umidità che personalmente ho trovato inauditi: 36° con il 91% di umidità rendono l’esperienza piuttosto intensa; per la mia esperienza persino peggio di Bangkok.
La cosa da tenere presente è che suderai incessantemente, il che richiede tre precauzioni: indossare una maglietta in tessuto tecnico traspirante, averne una di ricambio, e avere al seguito qualcosa per coprirti, perché visitare Hong Kong significa passare incessante dai 32-35° esterni ai 16-18° delle arie condizionate a palla in ogni locale chiuso.
La mia reazione da italiano è stata sempre “sono pazzi”. Saranno pure i virus diversi dai nostri, ma ho avuto un unico interminabile raffreddore dall’inizio alla fine del viaggio. È il prezzo che si paga.
I New Territories
Hong Kong non si esaurisce nelle due aree - Kowloon e Central - dove il turista passa tutto il suo tempo: i confini della città si estendono a nord di Kowloon per un territorio che è di diverse volte più grande, e nelle isole di un miniarcipelago che circonda la terraferma (anche se Central stessa è su un’isola a tutti gli effetti).
L’isola principale dopo Hong Kong Island è Lantau, dove si atterra e dove sono situate Disneyland, se è il genere di cosa che fa per te, e il Grande Budda, che è una meta parecchio turistica ma è anche estremamente suggestivo e garantisce grandi panorami.
Poi ci sono Lamma, Cheung Chau, Po Toi e Tung Ping Chau. Sono abitate, alcune sparsamente (Lamma) e altre densamente (Chaung Chau), ma non sono attrezzatissime per il turismo. È possibile dormire in strutture di accoglienza sia a Chaung Chau che all’isola di Lamma, una sorta di ritiro per ex fricchettoni ed expat che pendolano da HK ma preferiscono la vita calma, il mare e i prezzi di un’isola che offre uno scenario piuttosto bizzarro tra spiagge turistiche poco sfruttate dai locali (cinesi e coreani hanno un rapporto con il mare MOLTO diverso dal nostro: si immergono quasi vestiti e non nuotano), bar in stile britannico per expat, discariche a cielo aperto e una centrale elettrica che domina il panorama e alimenta mezza Hong Kong.
Tutte le isole, inclusa Hong Kong Island, garantiscono spiagge, hiking e trekking interessanti, vegetazione subtropicale, frequenti piogge.
Se la domanda è: “ti consiglio di pernottare su un’isola”? la risposta è che dipende: è un’esperienza, ma Hong Kong è talmente densa che forse può sembrare uno spreco di tempo. Di sicuro, adesso che ne ho viste due vorrei visitare anche le altre.
Macao
Poi c’è Macao, una Las Vegas d’Oriente che sembra disegnata da un’allucinazione distopica di Midjourney. Associa in modo del tutto incongruo un centro storico sgarrupato e affollatissimo (è la città con la più alta densità abitativa al mondo) costellato di chiese portoghesi, case fatiscenti, casinò giganteschi e un traffico infernale, anche a causa di lavori di (ri)costruzione infiniti, a un enorme isolone con due quartieri, Taipa e Cotai, che rappresentano la perfetta dimostrazione che non c’è niente di più efficiente del Comunismo, con la sua presunzione di una superiorità morale, per mettere in pratica con la massima efficienza e radicalità le regole del Capitalismo.
Non si può raccontare: è come Las Vegas sotto allucinogeni - qualità su cui Vegas non scherza già di suo. Banalizzando, è l’Organismo Centrale Onnipotente della seconda (o prima?) economia del mondo che vuole dimostrare: non solo lo sappiamo fare anche noi, ma lo facciamo di più, guardandovi dall’alto della superiorità morale e politica di chi non vive il commercio come unico fondamento della propria ideologia, e ci può quindi scherzare su.
Ma non so se Macao sia ironica, anche perché i cinesi sono notoriamente imperscrutabili: l’impressione è che sia una gigantesca macchina da soldi che - come quasi tutto in Cina - si prende dannatamente sul serio, ma è impossibile dire se Macao sia il modo del comunismo di sfottere il capitalismo USA con le sue stesse regole oppure se siano gli USA a ironizzare sulla propria vocazione al capitalismo e i cinesi a prenderli sul serio. Non lo saprò mai.
Come muoversi, cosa fare all’arrivo
Appena atterrati allo sterminato aeroporto di Hong Kong sull’isola di Lantau c’è un banco di informazioni ben visibile in cui due gentilissime signorine ti indicheranno le prime tre cose fondamentali (a Hong Kong c’è sempre qualcuno a cui chiedere in inglese e una toilette pulitissima a meno di 200 metri):
1) Dove comprare una SIM dati valida a Hong Kong e Macao - e eventualmente anche nella mainland China, se hai intenzione di visitare Shenzen, raggiungibile rapidamente in treno o metro, o Guangzhou (treno). Noi abbiamo preso una sim dell’operatore csl valida 30 giorni con 32GB di dati, al costo di 14€.
2) Dove comprare una Octopus Card, strumento fondamentale per usare i mezzi pubblici, proprio TUTTI, e anche utilizzabile come sistema di pagamento digitale (la card costa 6€, eventualmente recuperabili).
3) Dove si trova il bancomat che ti frega meno commissioni per ritirare denaro locale (di solito, Bank of China). Ché è vero che Honk Kong è quasi interamente cashless, ma un po’ di soldi devi averli comunque (e certi ristoranti accettano solo contanti).
Per andare dall’aeroporto a Kowloon o Central hai tre possibilità: la metropolitana (il treno si chiama Airport Express), il bus o il taxi. Il taxi ti costa circa come da noi (e sono 35 km), mentre la scelta tra metro e bus dipende non tanto dalla durata del viaggio (il bus è più lento) ma dalla comodità della fermata rispetto alla tua destinazione. Con i bagagli al seguito, col bus risparmi un sacco di scale.
I mezzi pubblici costano pochissimo, come spesso in Asia.
Cosa vedere
Di sicuro i mercati, più possibile, di sicuro i templi e i monasteri, più possibile, di sicuro i waterfront, e ce ne sono chilometri.
Ha senso guardare Central da Kowloon di notte, ha senso guardare Kowloon da Central di notte, ha senso persino fare la mini crociera del porto, per quanto turistica, perché il Victoria Harbour è uno scenario INCREDIBILE e decisamente il waterfront e la skyline più impressionanti che abbia mai visto in una metropoli. New York da Brooklyn è molto bella, Chicago è notevolissima, Porto, San Sebastian e Stoccolma sono adorabili, ma questa è proprio un’altra storia.
Di sicuro i musei, almeno l’M+, il Museum of Art, il Cultural Centre e il Museum of History, al momento dedicato a una piuttosto inquietante Mostra sulla Sicurezza Nazionale che è il modo della Cina di dire a Hong Kong “d’ora in poi vi proteggiamo noi, perché noi siamo voi e voi siete noi” - con tutto quello che ne consegue in termini di sorveglianza e controllo.
Victoria peak, il punto più alto di Hong Kong Island da cui si vede l’intera conurbazione è un’esperienza turisticamente orrenda, e come tutti i centri commerciali, progettata per non lasciarti uscire. Quando siamo andati noi non si vedeva niente quindi il mio giudizio è probabilmente influenzato da ciò. Diciamo che non ci tornerei.
Ma questo è solo l’inizio: Hong Kong è una metropoli di 7 milioni e mezzo di abitanti, medio-piccola per la Cina ma enorme quando ci sei dentro, e non basterebbe un mese per visitarla bene, quindi scordati di riuscire a farlo, e cerca di vivere un’esperienza quanto più possibile simile a quella dei locali - il che è difficile perché i cinesi sono un bel po’ diversi da noi, per cultura, costumi e anche per le parti anatomiche degli animali che mangiano.
Cosa mangiare
Letteralmente qualunque cosa, con tanta curiosità e un po’ di coraggio. Hong Kong è una delle capitali del food al mondo, e quanto a numero e varietà di ristoranti ha probabilmente poche rivali. Naturalmente la cucina locale e più diffusa è quella cantonese (le cui somiglianze a quella dei nostri ristoranti cinesi sono piuttosto relative) ma ci sono ristoranti di ogni cucina asiatica e non.
Bisogna fare il dim sum a colazione, bisogna provare l’anatra e tutti i tipi di ravioli, ed è consigliabile andare nei ristoranti delle altre cucine cinesi (dello Szechuan per prima, ma anche Yunnan e tante altre), poi chiaramente taiwanese, malese, indonesiano, vietnamita e tutto il resto. La sorpresa è che non c’è tanto street food quanto ti aspetti: è molto più diffuso a Bangkok, ma mi pare che in Cina preferiscano mettere le gambe sotto al tavolo, anche quando significa fare un’ora di fila fuori da uno dei tanti ristoranti specializzati in anatra arrosto o laccata.
La cucina di pesce è MOLTO diversa dalla nostra: l’idea di “pesce alla griglia” non esiste, è tutto cucinato in wok con salsa di soia, verdure e altri condimenti che, per il gusto mediterraneo, coprono il sapore del pesce - tra l’altro, pesci oceanici non bellissimi a vedersi, o forse è solo che non ci siamo abituati.
L’ultima domanda a cui rispondere è “ok, ma quanto mi costa?”
Con un volo dignitoso (Finnair) e hotel “per occidentali”, cioè i 4 stelle dell’altissimo livello asiatico, sui 2.500 a persona, indicativamente. Non è la convenienza di Bangkok e Seoul: è forse più simile a Tokyo (tranne che per i trasporti, molto economici).
Questo è solo l’inizio di quello che posso raccontarti su una città complessa e ricca come Hong Kong, e questo numero straordinario delle Polpette era per farmi perdonare del ritardo nella ripresa della newsletter. Spero però di avere il tempo e la voglia di costruirci su una guida turistica un po’ più completa.
Ciao Luca, anche io sono passata da Hong Kong quest'estate, agli inizi di luglio. Purtroppo è stata una toccata e fuga: l'inizio di un viaggio che si sarebbe concentrato nella Cina continentale.
È stato bello leggere della tua esperienza e spero che ci saranno altre puntate a tema!
Super interessante, grazie