☳ Polpette 63
una newsletter che ancora una volta, ancora, dopo tutti questi anni, siamo ancora lì
questa è ⓟolpette — la vanzletter n°63
questa settimana su polpette non ci sono ricette, prodotti o curiosità, ma c’è invece un pippone: se non ti interessa (ti capirei) puoi skippare in fondo ai consigli su libri e film (che però sono sempre da pippone. niente, è andata così.)
è successa di nuovo una cosa che succede spesso ma di cui non ci rendiamo mai veramente conto, e che non lascia segni nelle nostre coscienze perché pensiamo che non ci riguardi, mentre invece è un problema che abbiamo creato noi.
ci sono diverse ragioni culturali, politiche e tecniche del perché, delle oltre 1.000 persone uccise ogni anno negli USA dalla polizia, il 24% sono nere nonostante i neri rappresentino il 13% della popolazione, e del perché un nero negli USA abbia due volte e mezzo più probabilità di essere ucciso di un bianco.
ma c'è una sola ragione per cui ciò è POSSIBILE, e siamo noi, perché il razzismo è un problema bianco, delle società create da bianchi per bianchi, e c'entra molto poco con l'integrazione o con il crimine, molto più col potere economico e decisionale.
tra quelli che ho letto questa settimana, uno che l'ha spiegato bene è Banksy:
riot, saccheggi, rivolte sono parole bianche usate perché evocano illegalità e pericolo, ma sono l'effetto e non la causa della violenza nella società, come l'inquilino del piano di sotto che ti viene a bussare alla porta è l'effetto e non la causa della perdita di acqua dai tubi nel tuo pavimento.
quello che succede ora nelle strade degli USA è accaduto a Harlem nel 1964, a Watts nel 1965, a Baltimora, Chicago e Kansas City nel 1968, a Stonewall nel 1969, ad Attica nel 1971, con la White Night del 1979, a L.A. con Rodney King nel 1991, e decine, centinaia, anzi migliaia di altre volte nel corso delle nostre vite.
ma noi pensiamo che questa cosa non ci riguardi perché succede in “un posto di matti pieno di armi”: la verità è che non ci riguarda perché siamo bianchi in un paese bianco, dove il nero non è nemmeno ingombrante perché scompare statisticamente.
questa cosa succede in America perché lì non puoi far scomparire il 13% della popolazione.
ma il razzismo non è un’invenzione americana: è il risultato di secoli di colonialismo europeo, e se il conflitto razziale è il problema di una società integrata, l'Italia non è una società antirazzista, né post-razzista: è solo una società in cui vige l'apartheid, che ha segregato i (pochi) neri che ha.
noi bianchi etero over 40 siamo il problema perché non riusciamo a capire cosa significa essere discriminato, e non capendolo non riusciamo a vedere i nostri comportamenti discriminatori. non vale solo per le razze, ma per qualunque fascia sociale che non sia quella del maschio bianco etero integrato.
oggi però è diventato impossibile non riconoscere che nonostante gli avanzamenti sociali (spesso conquistati da altri popoli, in altri paesi), viviamo in una società segregata in modo funzionale, in cui parti rilevanti della popolazione non hanno gli stessi diritti del cittadino bianco, eterosessuale, cristiano.
(che, per esempio con l’obiezione di coscienza, ha il diritto, sancito dallo Stato, di discriminare una parte maggioritaria della popolazione in base alle proprie convinzioni religiose).
in realtà l’Italia ha un sistema informale di caste basato su genere e preferenze sessuali, oltre che sul colore della pelle: queste differenze sono connaturate nel nostro modo di guardare al mondo, influenzano i nostri comportamenti e le nostre decisioni personali, professionali, come consumatori.
poiché la discriminazione è endemica, è nelle nostre scelte di ogni giorno ed è invisibile ai nostri occhi, l'unico modo di comprenderla è cercare guardare il mondo con gli occhi della vittima, che è una cosa difficile da fare e scomoda, se sei il carnefice. o, come dice Robin DiAngelo (via Veruska):
la newsletter di questa settimana ti presenta una serie di pezzi sulla questione razziale che permettono di cominciare a fare ciò. sono di 4 tipi:
opinioni e editoriali di autori e intellettuali neri sulla questione razziale
risorse su come limitare la violenza della polizia
film degli ultimi anni sulla questione razziale negli USA
un paio di libri consigliati
1. opinioni e editoriali
su un numero del 1897 (non è un refuso) della rivista the Atlantic, il sociologo e storico nero William Edward Burghardt Du Bois raccontava cosa significava essere nero nell’America ottocentesca, e con una scrittura straordinariamente efficace e moderna parlava per la prima volta del velo che divide la società bianca e quella nera negli USA.
“It dawned upon me with a certain suddenness that I was different from the others; or like, mayhap, in heart and life and longing, but shut out from their world by a vast veil.”
120 anni dopo Ta Nehisi Coates farà una cosa simile in Tra me e il mondo, in forma di lettera autobiografica al figlio in cui introduce il concetto del corpo nero come oggetto altro, nudo e vulnerabile, perennemente a rischio:
“Black people love their children with a kind of obsession. You are all we have, and you come to us endangered.”
“To be black in the Baltimore of my youth was to be naked before the elements of the world. The nakedness is not an error, nor pathology. The nakedness is the correct and intended result of policy, the predictable upshot of people forced for centuries to live under fear.”
oggi, Kareem Abdul Jabbar cerca di spiegare al lettore bianco (🇮🇹) perché la protesta violenta non è un problema sociale ma l’effetto di un problema sociale
I don’t want to see stores looted or even buildings burn. But African Americans have been living in a burning building for many years, choking on the smoke as the flames burn closer and closer. Racism in America is like dust in the air. It seems invisible — even if you’re choking on it — until you let the sun in. Then you see it’s everywhere.
storica e imperdibile, l’intervista del 1968 di Esquire all’intellettuale nero James Baldwin (🇮🇹) (una delle voci più lucide e articolate che abbia scoperto negli ultimi anni: leggerlo è un piacere fisico) sulle ragioni della rivolta violenta nera nelle strade e “come arginarla”.
How can we get the black people to cool it?
It is not for us to cool it.
But aren't you the ones who are getting hurt the most?
No, we are only the ones who are dying fastest.
ancora Ta-Nehisi Coates sulle responsabilità e i debiti che la società bianca ha verso quella nera, e come dovrebbero essere riparate e rimborsati, in The Case for Reparations (🇮🇹)
un pezzo, breve ma intenso, della scrittrice Venita Blackburn su come la società USA dovrebbe debianchizzarsi per salvarsi: White People Must Save Themselves from Whiteness. su the Paris Review
Remember that whiteness is not personal, a white person is not whiteness itself; whiteness is institutional, it is what James Baldwin identified as the price of the ticket, the entry into America.
parlando di un’altra forma di discriminazione, il maschilismo patriarcale che opera attraverso abuso e costrizione, Emma Cline, autrice di the Girls, ha scritto per il New Yorker un racconto intitolato White noise, scritto dal punto di vista di Harvey Weinstein, che termina con un bizzarro incontro con Don DeLillo.
NBC ha fatto questa bella e toccante raccolta di risposte dei manifestanti alla domanda “perché siete scesi in strada”?
I protest because I don’t have the privilege of remaining silent
- Brittney Johnson
2. controllare la violenza della polizia nella società
Mapping police violence: quante persone vengono uccise ogni anno e dove, negli USA.
un twitter thread dell’attivista nero Samuel Sinyangwe su soluzioni e strategie basate su ricerche e dati oggettivi per fermare la violenza della polizia
le soluzioni:
un pezzo del professore di sociologia Alex S. Vitale su the Paris Review che sottolinea come le soluzioni per ridurre la violenza (della polizia, e nelle strade) non siano tecnologiche ma sociali: se la violenza e la militarizzazione della polizia si giustificano con il crimine, la soluzione non è mettere più armi e violenza nelle strade: Policing Won’t Solve Our Problems (🇮🇹)
Rather than using government resources to reduce inequality, this economic system both subsidizes inequality and criminalizes those it leaves behind. The massive increases in policing and incarceration over the past forty years rest on an ideological argument that crime and disorder are the results of personal moral failing and can only be reduced by harsh punitive sanctions. This neoconservative approach protects and reinforces the political, social, and economic disenfranchisement of millions who are tightly controlled by aggressive and invasive policing or warehoused in jails and prisons.
3. film da vedere per capire un po’ meglio
la cinematografia nera è stata straordinariamente prolifica negli ultimi anni (il mercato nero è fortemente identitario, quindi facile da mirare per Hollywood) e a parte Black panther che è praticamente un inno ai superpoteri neri, ci sono alcuni film che trattano la questione razziale in modo molto delicato ed efficace. io posso consigliare:
Se la strada potesse parlare - If Beale street could talk di Barry Jenkins, tratto dall’omonimo romanzo di James Baldwin
Il coraggio della verità - The hate u give di George Tillman, Jr.
I am not your negro - XII emendamento di Raoul Peck da un testo lasciato incompleto da James Baldwin
un secondo film sul sistema carcerario nordamericano intitolato XIII emendamento di Ava DuVernay
se ti interessano le cose sperimentali e un po’ black hipster, c’è questo The oversimplification of her beauty di Terence Nance che è un bel trip
quanto a serie TV, sicuramente meritano When they see us, sempre della DuVernay, su Netflix, Atlanta di Danny Glover/Childish Gambino, Pose (Netflix), Dear White People (sia il film che la serie TV), She's Gotta Have It da Spike Lee (ma anche recuperando su Netflix il lungometraggio originale e opera prima, intitolato Lola darling in Italia)
4. libri da leggere per capire (un po’ meglio)
il Tra me e il mondo già citato sopra, di Ta-Nehisi Coates
How To Be an Antiracist di Ibram X. Kendi
White fragility di Robin J. DiAngelo
So You Want to Talk About Race di Ijeoma Oluo
tutto quello che ha scritto James Baldwin merita di essere letto, anche se poco è tradotto. magari partendo da Se la strada potesse parlare e La prossima volta il fuoco, poi bisogna passare alla lingua originale.
la colonna sonora di questa newsletter l’ha scelta Enza
John Coltrane scrisse Alabama a seguito della strage razzista del Ku Klux Klan del 15 settembre '63 in una chiesa nella cittadina di Birmingham, Alabama, nel quale erano rimaste uccise quattro bambine.
Coltrane incise il brano, simile ad un mesto canto funebre, nel corso di un'unica sessione di registrazione notturna. McCoy Tyner riferì che la genesi del brano aveva origine dal discorso tenuto da Martin Luther King sulle quattro bambine decedute nell'attentato.
(qui la performance originale nella trasmissione Tv Jazz Casual)
e anche questa settimana l'abbiamo sfangata, forse.
ma George Floyd no.
immagine della testata disegnata da olllikeballoon
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